Fra studi universitari e impegno sociale: Sara Pozzi, media manager in erba, racconta il Servizio Civile in Avis

21 anni e un futuro tutto da costruire.  Sara, studentessa in Scienze della Comunicazione, ha scelto l’Avis Provinciale Piacenza per crescere e prepararsi al mondo del lavoro, portando vitalità, competenze e nuove idee.

Nuovi media, supporto all’Area Scuola, lavoro di back office e amministrazione.  Sono questi gli ambiti di cui si occupa Sara Pozzi, giovane volontaria che ha scelto Avis Provinciale Piacenza per compiere il Servizio Civile Universale.  Nel 2019 Avis è risultata infatti sede accreditata per il Servizio Civile con un progetto specifico che prevede il potenziamento della comunicazione digitale e la partecipazione alle attività presso le scuole.

Piacentina, 21 anni, laureanda in Comunicazione e Media Contemporanei all’Università di Parma con il sogno nel cassetto di diventare social media manager, Sara è giovane, ambiziosa e possiede competenze trasversali e multitasking.  C’è il suo tocco dietro alle pubblicazioni sulle pagine Social dell’Associazione. Cura infatti la parte creativa e la grafica dei post di Avis su Facebook e Instagram, ideando contenuti multimediali originali che si rivolgono a un pubblico giovane.  La sua entrata in Avis come volontaria è anche una scelta strategica che riflette la volontà di portare freschezza e rinnovamento in seno all’Associazione.

Come mai hai deciso di avvicinarti all’Avis e al Servizio Civile?

Conosco l’Associazione da quando sono bambina perché mio papà è un volontario di lungo corso con quasi 140 donazioni all’attivo.  Io stessa ho cominciato a donare al compimento dei 18 anni.  Nel mio piccolo, la comunità è sempre stata al centro delle mie attenzioni.  Ho iniziato giovanissima ad insegnare catechismo ai bambini della parrocchia di San Lazzaro.  Per me il Servizio Civile rappresenta un modo concreto per offrire un contributo ulteriore alla mia comunità e per rendermi un po’ indipendente.

A settembre del 2019, mentre stavo preparando un esame, mi è arrivata una notifica dell’Avis Provinciale e ho scoperto della possibilità di prestare Servizio Civile.  All’inizio ero un po’ indecisa riguardo agli orari: gestire l’università e le 1145 ore di volontariato non è una passeggiata. Tuttavia, parlando con i responsabili di Avis abbiamo trovato il modo di incastrare gli impegni.  Ho cominciato a collaborare il 15 gennaio.  Per me il 2020 è stato un anno particolare sotto ogni punto di vista.

Quali erano le tue aspettative e di cosa ti occupi in Avis?

Ero felice e orgogliosa di entrare in Avis.  Gradualmente ho imparato come funziona questa grande Associazione grazie all’aiuto di tutto lo staff, in particolare della mia OLP (“Operatore locale di progetto”) Mina Sibra che ha reso possibile la partenza del programma.

Sono una ragazza introversa ma il contatto con i donatori, anche solo rispondendo al telefono per fornire informazioni, mi ha aiutato a superare la mia timidezza e le mie insicurezze e ad acquisire fiducia in me stessa.

Adoro quello che faccio.  Ho una mente creativa e gestire la comunicazione digitale non solo è coerente con i miei studi ma mi prepara al mondo del lavoro.  In Avis mi hanno lasciato la libertà di approfondire e di sperimentare in autonomia nuove forme di linguaggio.  Per me è anche una palestra di vita.  Nelle visite di Avis alle scuole, ho scoperto che, nonostante le mie ansie, mi piace parlare in pubblico e stare fra la gente.

Promuovere in maniera efficace il messaggio dell’Avis fra le giovani generazioni è una delle priorità dell’Associazione.  Che idee hai maturato a questo riguardo?

Sensibilizzare e diffondere la cultura del dono fra i giovani è una grande sfida.  Nelle nostre visite alle scuole abbiamo notato che molti ragazzi sapevano cosa fosse l’Avis ma quasi nessuno aveva mai pensato di donare effettivamente.  Credo che la cultura del dono sia un valore che si acquisisce da giovanissimi. Spesso si tramanda all’interno delle famiglie.  E’ necessario veicolare questo messaggio sin da piccoli nelle scuole e attraverso esempi concreti.  Con riferimenti forti quali genitori, parenti, amici, maestri e professori per i quali donare è normale.  Crescere in un ambiente di questo tipo stimola i neomaggiorenni a compiere il passo.

Cosa significa per te essere parte attiva di una realtà solidaristica come l’Avis?

Mi ha insegnato che oltre all’individuo c’è la comunità, una grande famiglia composta da persone speciali.  Ho capito che rappresento un piccolo tassello di un mosaico più grande che persegue il “Bene comune”.  Ho la sensazione e la consapevolezza di fare la cosa giusta e di imparare ogni giorno da questa esperienza.

Quanto è stato importante svolgere Servizio Civile in Avis proprio durante l’emergenza sanitaria?

La chiusura delle Università e la sospensione dei corsi in presenza mi ha permesso di organizzare meglio le ore di volontariato.  Nello specifico, occupandomi di social media, il mio ruolo ha rivestito una importanza ancora più determinante.  Ero il ponte fra Avis e i donatori.  All’inizio dell’emergenza era mio compito comunicare e lanciare appelli ai volontari, inizialmente spaventati, dicendo loro che nulla cambiava, che le donazioni continuavano in sicurezza e che l’Avis non si fermava.   Abbiamo insistito molto su questo aspetto: rassicurare e spiegare che recarsi a donare non era affatto pericoloso, anzi che le donazioni di sangue e plasma non dovevano interrompersi.  Ancora oggi sono in tanti a chiamare in Sede per chiedere informazioni in proposito.

Che cosa ti rimarrà di questa esperienza e quale consiglio daresti a un giovane che volesse seguire il tuo esempio?

Ho incontrato delle persone fantastiche a livello umano, dai presidenti ai volontari.  Ho incrociato tanti volti, tante storie.  Sono cresciuta a livello personale e ho avuto la possibilità di costruire una rete di relazioni e conoscenze che mi servirà in futuro.  Ai ragazzi dico che è una bellissima esperienza per mettersi in gioco, senza sottovalutare l’impegno richiesto: prestare Servizio Civile non è un passatempo.