Giunta da Modena a marzo 2020 la Dottoressa Maria Teresa Mariano è la nuova Responsabile del Centro Trasfusionale dell’AUSL di Piacenza. E’ subito scesa in trincea nella lotta a una pandemia che ha colto tutti di sorpresa, medici inclusi. “Ma la città ha risposto con coraggio e responsabilità: le donazioni non si sono fermate”.
E’ arrivata a Piacenza in una situazione estrema. A marzo del 2020 è subentrata al Dottor Francesco Romeo come direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Trasfusionale dell’AUSL di Piacenza. L’impatto con il nuovo ambiente lavorativo è stato impegnativo e doloroso. In quel frangente, che oggi identifichiamo come “prima ondata”, nel resto d’Italia non c’era consapevolezza della gravità della situazione. “Ho cominciato a lavorare il 24 marzo. Era una giornata grigia e umida e c’erano le tende della Protezione Civile e delle grosse bombole di ossigeno appoggiate a ogni parete. E’ stata dura perché sembrava di essere in un ospedale di guerra”, ricorda la Dottoressa Mariano.
La Responsabile del Centro Trasfusionale torna su quei mesi terribili e sul senso di smarrimento generale che serpeggiava in tutti i cuori. “Mi vengono ancora i brividi a pensarci. C’era un sentimento di frustrazione da parte dei medici perché non sapevamo come arginare questo virus. Si respirava un clima cupo, i volti dei miei colleghi erano provati e plumbei. Era come se fossimo precipitati sulla linea di un fronte”.
Ma secondo la Dottoressa, la comunità ha reagito con coraggio e un senso di responsabilità emblematico. “Ho trovato colleghi molto collaborativi, una direzione aziendale molto disponibile ed aperta, in generale tutte persone misurate e equilibrate. I donatori dopo un iniziale momento di sconforto hanno risposto agli appelli dell’Avis a non sospendere le donazioni”.
Le misure sanitarie sono state incrementate tempestivamente per garantire la raccolta in sicurezza. Dalla segnaletica al triage all’ingresso, dal contingentamento degli accessi negli ambulatori alla rigorosa applicazione di tutte le norme a partire dall’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. “Lo shock dello scoppio della pandemia su Piacenza è stato così forte che la città, superato un primo momento di trauma, non si è fatta trovare impreparata durante la cosiddetta “seconda ondata”.
Maria Teresa Mariano è laureata in Medicina e specializzata in Ematologia all’Università di Modena, ed è nel servizio trasfusionale della città emiliana che ha cominciato la sua carriera di medico, dopo un anno trascorso da ricercatrice negli Stati Uniti.
Coordinamento, programmazione, consulenza, applicazione della legge, formazione del personale ed innovazione sono i compiti principali della Dottoressa Mariano.
Come spiegherebbe il suo lavoro e la sua funzione?
È un incarico di supervisione con una forte valenza organizzativa non solo nel servizio trasfusionale, ma anche nella trasversalità con tutti i reparti e ospedali della provincia, nei contatti con gli altri servizi trasfusionali della regione e, soprattutto, nell’articolazione con le associazioni di volontariato con le quali collaboriamo, come l’Avis. Le attività svolte presso i servizi trasfusionali sono essenziali ed indispensabili nella medicina moderna tanto che non è possibile pensare ad un ospedale di una certa complessità clinica senza un trasfusionale. I nostri servizi garantiscono una terapia trasfusionale sicura a tanti reparti e dipartimenti: chirurgie, ginecologia-ostetricia, medicine e anche alle ematologie e ai centri trapianti in senso lato.
Il “Trasfusionale” gestisce tutta la filiera del processo di donazione: dal donatore, alla raccolta degli emocomponenti, all’idoneità clinica attraverso numerosi controlli e esami, alla lavorazione del sangue intero che viene scomposto in diversi emocomponenti. Ogni unità di sangue intero, viene frazionata nelle sue componenti cellulari e plasmatiche. Al termine della lavorazione si ottengono una unità di globuli rossi concentrati, una sub-unità di piastrine ed una unità di plasma. Infatti, da circa trenta anni, la terapia trasfusionale viene effettuata solo utilizzando il componente carente per minimizzare eventuali effetti collaterali e garantire una efficacia clinica. Gli emocomponenti prodotti vengono riposti in emoteche e congelatori dedicati, una specie di frigoriferi a temperatura controllata, vigilati da sistemi di allarme che garantiscono la perfetta conservabilità delle unità fino alla trasfusione. Tutto il processo trasfusionale, dal donatore, alla donazione, alla validazione di tutti gli emocomponenti, alla trasfusione è regolamentato da procedure molto rigide che garantiscono la sicurezza del sistema sangue.
Come valuta la collaborazione con l’Avis, come definirebbe il rapporto fra il Centro Trasfusionale e l’Associazione?
È un rapporto di complementarietà, nel senso che ognuno ha una sua funzione specifica, ma assieme collaboriamo per il bene comune. I servizi trasfusionali sono formalmente responsabili della formazione e delle procedure operative per i processi condivisi con l’associazione.
Una collaborazione fattiva e la condivisione degli intenti è la base per garantire la sicurezza dei donatori, della donazione e della trasfusione. A Piacenza la collaborazione con l’Avis è ottima. I colleghi sono sempre disponibili, sono molto preparati e professionali. In particolari evenienze, come per esempio in caso di mancanza di alcuni gruppi sanguigni, riescono a riorganizzare le donazioni mirando a raccogliere i gruppi carenti. Questa integrazione e flessibilità è fondamentale perché il sangue è una risorsa preziosa ma limitata, strettamente dipendente dalla disponibilità dei donatori, è utilizzabile in un arco temporale di sei settimane dalla raccolta, ha quindi una scadenza e non va sprecato. Al contrario, in caso di eccedenze, cercano di rimodulare le donazioni, indirizzando i donatori verso la donazione di plasmaferesi che invece non ha problemi di brevi scadenze ed è comunque una donazione altrettanto preziosa, perché purtroppo, ancora oggi, in Italia, non abbiamo raggiunto l’autosufficienza in farmaci plasma-derivati e dipendiamo, tristemente, dal plasma di paesi stranieri.
Nel complesso la sinergia fra il nostro servizio e l’Associazione funziona molto bene. Manteniamo relazioni molto strette, non a caso gli uffici dell’Avis sono ubicati nello stesso edificio dove trova sede il Centro trasfusionale.
Che risultati avete raggiunto grazie alla collaborazione con l’Avis?
Il “Trasfusionale” e l’Avis hanno brillantemente conseguito, a livello locale, l’autosufficienza di sangue. Un risultato importante e per niente scontato. È il Centro Nazionale Sangue che fissa gli obiettivi di autosufficienza, e Piacenza è in grado di garantire, con i suoi donatori, l’autosufficienza sangue per tutti gli ospedali della provincia, ma anche di “contribuire” con un discreto numero di unità all’autosufficienza nazionale dando un aiuto concreto ad alcune aree carenti del paese. Posso affermare con certezza che l’Avis si è spesa molto da questo punto di vista portando avanti una campagna di sensibilizzazione e soprattutto di fidelizzazione dei donatori di cui beneficiano tanti pazienti.
Il nostro prossimo obiettivo ora è incrementare la raccolta di plasma.
Invece, un problema serio, emerso ormai da circa un decennio a livello nazionale e sempre più difficile da gestire, è la carenza di medici trasfusionisti e di personale tecnico di laboratorio.
Mi sento di fare un appello in questo senso per esortare i giovani Colleghi a considerare il lavoro nei Servizi Trasfusionali come un’opportunità professionalizzante, interessante e ricca di spunti clinici e speculativi.
Concludiamo con la situazione attuale: la crisi sanitaria potrà essere risolta in breve tempo?
Me lo auguro. La sicurezza deve essere la nostra priorità perché i nostri comportamenti inadeguati possono causare tanto dolore. Siamo consci che se non rispettiamo le regole questa “pestilenza” non sparirà. Solo noi possiamo spezzare la diffusione del virus, il vaccino sarà senz’altro un’arma importante, potrà aiutare a far calare i contagi, ma ci vorrà del tempo e pertanto, al momento, solo noi abbiamo la facoltà di contribuire al giro di boa.
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