Perché nel database dell’Avis provinciale vi sono più di mille persone che hanno smesso di donare sangue dopo i primi prelievi e persone che hanno superato l’idoneità, ma poi non hanno mai donato?
L’Associazione dei donatori di vita, per rispondere a questa domanda, ha deciso di realizzare un’indagine conoscitiva sulle motivazioni che portano all’abbandono delle donazioni.
I risultati sono stati parecchio discrepanti rispetto alle ipotesi che dirigenti associativi, medici e volontari avevano formulato. «Gli intervistati che hanno risposto all’indagine sono stati 199, un campione molto eterogeneo perché composto da 99 uomini e 100 donne con un’età media di 41,3 anni – ha spiegato lo psicologo Daniele Bisagni a cui è stato affidato il lavoro- il 37% delle persone che non hanno mai iniziato a donare, nonostante l’idoneità, ha rinunciato per motivi di salute, il 17% era stato temporaneamente sospeso dalle donazioni, non ha ricevuto notifiche da Avis dopo l’idoneità e non ha ricevuto la chiamata per la donazione». Il 36% dei donatori inattivi (da almeno due anni) ha dichiarato di aver avuto problemi di salute, il 21% di avere problemi a donare la domenica e il 19% di essere stato temporaneamente sospeso dalle donazioni.
«I donatori attivi e i dirigenti Avis pensavano invece che le cause principali di interruzione fossero da rimandare alla dimensione organizzativa ha spiegato Bisagni con particolare riferimento alla chiusura di alcuni centri di raccolta dovuta alla riorganizzazione di Avis».
Gli intervistati si sono dimostrati tutti consapevoli dell’importanza del dono: «Per i più giovani è importante sentirsi parte di un gruppo, mentre i più anziani donano anche per tenere controllata la propria salute».Laura Bocciarelli, presidente uscente dell’Avis Provinciale, ha lanciato un messaggio a chi ricoprirà la carica in futuro: «Con l’accreditamento regionale le regole sono cambiate, ma il cambiamento non ha fermato i nostri donatori, forse dovremmo essere noi di Avis i primi a comunicare meglio ciò che abbiamo dovuto fare e sollecitare sempre il senso di appartenenza». Agostino Rossi (centro trasfusionale) e Davide Carini (unità di raccolta Avis) hanno sottolineato: «Questa indagine è uno stimolo per migliorare sempre più il servizio»

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