Bobbio. Festeggiano due compleanni. quando sono nati e quando sono rinati alla vita. il giorno del trapianto. quello che coincide con la chiamata, attesa per anni. il trillo del telefono, da lasciare sempre libero, in attesa: “C’è un organo compatibile con lei”. il miracolo. bisogna fare presto, correre contro il tempo, fino a quando il trapianto non diventa altro che un battesimo. si può tornare a giocare a calcio ed è quello che hanno fatto, benissimo, sotto un sole da quaranta gradi, Adriano, Domenico, Silvio, Mirko, Stefano, Corrado, Filippo, Marco e tutti gli altri trapiantati che, arrivati anche in aereo da ogni parte d’Italia, fin dalla Sicilia e dalla Sardegna, sono scesi al campo sportivo “Bianchi” di Bobbio per giocare l’unica partita in cui a vincere è sempre il coraggio di ricominciare. La “Partita per la vita”, organizzata per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della donazione di organi e presentata dalla giornalista di Telelibertà e Liberta.it Marzia Foletti, ha portato in campo medici, personale del 118, infermieri, ragazzi di Bobbio. Anima e cuore dell’iniziativa, Michele Lizzori di Aido Valtrebbia, che ha ricordato, commosso, sia Pier Luigi Braghi, poliziotto di Niviano scomparso, sia Sandro Belloni, testimone di incredibile solidarietà, sia tutti coloro che, tra sponsor e sostenitori, hanno reso possibile anche quest’anno la buona riuscita dell’evento.
A guidare la Nazionale Trapiantati, Silvio Maccacaro, di Verona, che ha ricevuto un trapianto di fegato nel 2004: “Queste manifestazioni salvano vite”, ha detto. “Permettono alla gente di riflettere, di informarsi su Aido, Admo, Avis. Ogni persona può salvarne almeno altre sette. Scendiamo in campo per far vedere che, dopo un trapianto, la vita può tornare straordinariamente normale. Possiamo abbracciare i nostri figli, le nostre mogli, possiamo tornare al lavoro”.
Era il 2004 quando Silvio è rinato: “Un’epatite fulminante sembrava avermi condannato a morte. Lavoravo 12 ore al giorno e all’improvviso non sapevo neppure più se sarei arrivato al giorno successivo. La donazione dà vita, è vita”.
Tra chi ha giocato, ieri, un Ufficiale di Marina, Adriano Stellata, da La Spezia. Nel 2011, ha ricevuto il midollo che gli ha salvato la vita. C’era Domenico Agnello, che nel 2008 ha ricevuto un rene. E Stefano Bigoni che, prima, ha ricevuto un rene dalla mamma e, poi, quando anche questo ha smesso di funzionare, dalla moglie. “Non potrò che ringraziare per sempre le donne della mia vita”, ha detto.
Marco Rovigo è giovanissimo. Nel 2009 il suo trapianto di rene: “Non è facile, quando sei adolescente, dover affrontare un trapianto, e perderti quello che per gli altri ragazzi è normale. Per fortuna, dopo il trapianto, sono tornato a vivere e oggi gioco nella Nazionale, dove non ho trovato solo amici, ma “fratelli””.
Filippo Cannizzaro ha ricevuto una cornea: “Ora vedo un mondo nuovo. E questo mondo mi piace. Mi chiamano in squadra sorridendo “Occhio di falco”. Si, ci vedo, Trapianto non è solo vivere, è moltiplicare la vita”.
Daniele Vallisa, direttore del reparto di ematologia e del centro trapianti dell’ospedale di Piacenza, che ha all’attivo oltre 440 interventi, ha sottolineato l’importanza della sensibilizzazione nei confronti del trapianto.
“Il nostro pensiero non può che andare oggi a tutti coloro che sono il lista d’attesa”, ha concluso Silvio. “Chiediamo loro di avere fiducia e speranza. Vivere è possibile”.
Impossibile non commuoversi, durante le testimonianze in piazza Duomo a Bobbio, prima del fischio d’inizio del direttore generale dell’Ausl, Luca Baldino. Il gol, i calciatori, lo hanno già dato da anni.
Scrivi un commento