A Cadeo abita una signora di origini marocchine e di confessione musulmana perfettamente inserita e impegnata nel sociale. La sua storia è il manifesto vivente dell’Avis che cambia.
C’è un versetto nel Corano che recita: “ Se salvi una persona è come se salvassi l’umanità intera”. Amal Hosni ama citare questo passaggio per dimostrare ai suoi vicini italiani che la sua religione incoraggia la donazione di sangue e di organi e che l’Islam è una fede di pace e di fratellanza praticata dal 10% dei residenti in città. Nell’intera Provincia di Piacenza, invece, sono stimati 22mila musulmani, ovvero il 7% della popolazione.
Amal rappresenta questa importante porzione di cittadinanza. Piacentini di adozione che hanno trovato lavoro, fondato una famiglia, mandato i figli a scuola e all’università e hanno a cuore il bene della comunità. Organizzazione plurale e inclusiva, Avis abbraccia le diversità e ha accolto con calore Amal, emigrata da Casablanca nel 1993, prima a Piacenza, e poi a Cadeo, quando era ancora una ragazzina. Oggi, Amal ha una famiglia, un lavoro e dona il sangue. “Ho sempre sentito la necessità di ricambiare le possibilità che mi sono state date impegnandomi in attività benefiche. Vivere in Italia significa partecipare alla vita collettiva e non rinchiudersi nel proprio guscio”.
In lingua araba, Amal significa “Speranza”. La speranza di costruire una società migliore e di contribuire allo sviluppo dell’Italia. Impiegata in una cooperativa, Amal presta volontariato presso l’Auser di Cadeo e in Avo (Associazione Volontari Ospedalieri). Collabora inoltre con “Semi di lino”, un’associazione che promuove corsi di sartoria per contrastare il disagio economico e sociale, puntando a riqualificare professionalmente le persone meno fortunate.
Come ti sei avvicinata all’Avis?
Sono iscritta dal 2017. Ho scoperto Avis grazie ai social network, leggendo la pagina ufficiale su Facebook. Ero già sensibile a questa causa e “donavo” già parte del mio tempo ad altre realtà sociali. Ho quindi preso contatto con la mia sede locale e ho cominciato a dare il sangue. Mi sono inserita in modo spontaneo e graduale occupandomi dell’accoglienza dei donatori, partecipando alle iniziative messe in piazza da Avis Cadeo, alle sagre e alle feste di paese. Ho scoperto un mondo solidale fatto di persone entusiaste che non si risparmiano. Donare il sangue è un gesto semplice alla portata di tutti ma con un valore più che simbolico: si tratta di offrire concretamente qualcosa di tuo a favore dei soggetti più fragili. In una società avanzata è dovere di tutti sostenere i propri malati, i propri anziani, le persone in difficoltà affinché nessuno rimanga escluso dalla solidarietà.
Per una donna di origine straniera come te che cosa significa donare in Italia?
Essere o non essere straniera ha un peso molto relativo in questo caso. Io dono per gli altri, per amore e compassione nei confronti del prossimo, perché ci sono vite in pericolo che posso salvare. Svolgendo volontariato in ambito sanitario ho incrociato persone in difficoltà e capito molto presto l’importanza della donazione.
Avis per me significa anche integrazione e partecipazione civica. E’ un’ Associazione aperta a tutti, un ambiente sano in cui non esistono pregiudizi né discriminazioni. Ho costruito relazioni preziose con gente generosa. Persone d’oro e dalle grandi qualità morali e umane. Se sei donatore, sei ben voluto perché tutti riconoscono il valore del tuo gesto. Per me è una grande gioia far parte di Avis e partecipare alle iniziative pubbliche, ritrovarsi insieme e rivedersi anche dopo tanto tempo. Credo che le donne straniere possano dare tanto a Avis e a questa società per restituire al Paese ciò che è stato loro offerto.
Cerchi di coinvolgere altre donne musulmane ad avvicinarsi alla donazione?
Faccio promozione prima di tutto all’interno della mia famiglia. Mia madre è donatrice e anche mia figlia si accinge a diventarlo. In Avis, ci sono molti migranti di tutte le fedi e etnie. Per quanto mi riguarda cerco di sensibilizzare le donne musulmane. Presento loro il tesserino di Avis per dimostrare che tutti possono donare. A livello pratico, ho trovato un espediente che funziona: il giorno della donazione mi faccio sempre accompagnare da alcune amiche musulmane. Vedono che non ci sono effetti collaterali legati alla donazione, che non è un intervento chirurgico ma un semplice e indolore prelievo di sangue. Devono capire perché lo fanno e per chi lo fanno. Spiego loro, senza forzature, che è un gesto molto importante in grado di salvare vite. Faccio notare che un giorno anche loro potrebbero aver bisogno di una trasfusione.
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