Ad avvicinarsi ad Avis non sono solo i giovani. Professionista, madre, moglie e impegnata nel volontariato, Lydia è ufficialmente entrata in Avis lo scorso aprile.

C’è chi si iscrive sotto la spinta di una solida tradizione famigliare, chi attraverso amicizie e passaparola, chi ancora grazie agli incontri di promozione di Avis nelle scuole. Lydia Ansaldi ha prestato volontariato per quasi 20 anni ed è proprio nell’ambiente della Croce Rossa (Cri) che si è convinta a donare. “Nel mondo dell’associazionismo caritatevole piacentino ci conosciamo un po’ tutti, molto spesso condividiamo gli stessi valori di generosità e solidarietà. E’ stata una volontaria della Cri, donatrice di plasma e amica, a coinvolgermi”.

Madre di un ragazzo di 16 anni, Lydia Ansaldi è di Piacenza e fa l’avvocato civilista. Nonostante i suoi impegni famigliari e professionali è sempre riuscita a ritagliarsi del tempo per aiutare gli altri.

Benvenuta! Quali sono le tue prime impressioni, come ci si sente dopo la prima donazione?

Si prova una grande soddisfazione. Sono entusiasta. E’ una gioia capire che a livello individuale è possibile aiutare il prossimo anche con questo piccolo gesto.  Credo che compiere questo passo, in un periodo così difficile, sia ancora più determinante. La società, tutte le persone, si dovrebbero mobilitare e fare quadrato davanti a questa crisi.

Perché hai deciso di diventare donatrice?

Non riesco a girarmi dall’altra parte e ignorare la sofferenza che mi circonda.  Mentre donavo mi sono ricordata delle tante persone in difficoltà che ho incrociato nel mio impegno in Croce Rossa. Gli sguardi spaventati dei nostri anziani, quelli smarriti dei più piccoli. Nella nostra piccola comunità tutti hanno perso qualcuno, un famigliare, un amico, un collega, un conoscente. Questa è stata la vera spinta per il mio coinvolgimento in Avis: mobilitarmi e aiutare la collettività in ogni modo possibile, in un momento di straordinaria difficoltà.

Ci sono motivazioni più personali che hanno inciso nella tua decisione di donare?

Si. Un ricordo del mio passato. Quando ero bambina la mia mamma, a seguito di un intervento, ha avuto bisogno di trasfusioni. A quel tempo il processo di donazione con la prenotazione non esisteva. Ci fu quindi una chiamata alla donazione e si presentarono molte persone anche sconosciute in famiglia. Erano venute a dare il sangue a una signora che neanche conoscevano.  Ho capito l’importanza del donare senza proclami, nell’anonimato e nella gratuità. Oggi nel mio piccolo faccio propaganda a favore di Avis in famiglia, fra gli amici.

Lydia Ansaldi

Come sei stata accolta alla tua prima donazione, che clima si respirava? 

Intanto sono entrata in uno spazio sicuro, sotto il profilo sanitario. Sono stata poi accolta da infermiere molto brave e professionali ma allo stesso tempo c’era un’atmosfera informale. Le persone erano sdraiate comodamente per una decina di minuti ed è stato facile scambiare qualche parola, dopotutto siamo tutti donatori, con quella consapevolezza comune di fare la cosa giusta. Credo che molte persone non si rendano conto della facilità di compiere questo gesto così importante: donare il sangue e 10 minuti del proprio tempo in un clima sereno e fraterno.

C’è qualcosa che ti ha colpito durante la donazione? 

Si, tre cose in particolare.

L’estrema gentilezza del personale. Appena vengono a conoscenza che stai per compiere la prima donazione ti incoraggiano, ti “coccolano”.

La semplicità e la velocità del procedimento: ti siedi, ti rilassi e comincia il prelievo. Dopo un quart’ora ero in sala ristoro a bere un caffè e a chiacchierare con gli altri donatori.

Infine, mi hanno colpito le parole del medico di turno. Mi ha congratulato e spiegato che il sangue è unico e non è replicabile e perciò il mio gesto rivestiva un valore altrettanto prezioso.